THERE IS ALWAYS HOPE

THERE IS ALWAYS HOPE
"Prendete una sedia e sistematevi sull'orlo del precipizio: solo allora potrà avere inizio la storia che voglio raccontarvi"
Francis Scott Fitzgerald
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martedì 16 febbraio 2010

L'effetto dell'anestetico a lunga scadenza è svanito


Chi se lo aspettava, pensa lei.
L'effetto dell'anestetico a lunga scadenza è svanito.
Il suo stomaco è chiuso, un leggero dolore la coglie impreparata.
Come un pugno che afferra le sue budella.
Ecco ,questa è l'immagine che ha,
qualcuno le stringe le budella e la tiene sollevata.
Un dolore che nello stesso tempo ha un che di piacere.
E' il piacevole fastidio di chi aspetta...
aspetta lui.
L'effetto dell'anestetico a lunga scadenza è svanito.
sente un altro bruciore: spaesamento.
E' nel suo letto, grande e pulito.
Lui questa sera non c'è. Lei ha quasi la sensazione di smarrimento.
A chi si abbraccia questa sera?... essere nuda
Desiderio di abbracci.
L'unico modo per addormentarsi,
Domani li avrà.
...

Finalmente il giorno è arrivato.
La notte è passata fra poco lo vede,
allora non c'è cosa più bella che prepararsi per lui,
per l'incontro della mattina.
Suona il telefono, un messaggio : buongiorno, bacio bacio.
risposta: bacio bacio
Stadi di ansia controllati... rallentare per poi assaporare.
...

Un punto di domanda.
Lo sguardo cade su un dettaglio, si fa finta di niente?
dentro brucia, per la quiete della storia è meglio non dire.
Anche questo vuol dire crescere insieme?

...
Allora non parliamo delle sue ansie



lunedì 30 novembre 2009

C’è più ragione....


C’è più ragione nel tuo corpo
che nella tua migliore sapienza.

F. Nietzsche

giovedì 12 marzo 2009

"LA LEGGE INTRINSECA DELLA VITA" da Pick Up sceneggiatura ManyHands

SCENA 1/ VOCE OFF

Ci sono le cosiddette leggi… che regolano un po’ tutto. Il verde pallido dell’inizio di primavera. Le note che suonano come un lontano blues dell’anima. Le amicizie e gli incontri casuali lungo una strada che spesso nulla significano… questo lo si scopre solo dopo.
Delle leggi, poi te ne puoi anche infischiare… e scegliere altre vie, o fartene tu di tue.

Ma una ti accompagna sempre, anche quando tutto sembra un gran casino assurdo.

Annotatevela, io ce ne ho messo per capirla, c’è chi la capisce al volo. Come fosse scritta dentro le ossa. E chi invece ci mette una vita.

Quella legge non dice nulla di più che una sigaretta è una sigaretta, un campo verde è un campo verde e un uomo è sempre e comunque un uomo, anche nella sua inutilità… Non c’è nulla dietro questo… c’è solo la vita che scorre implacabile, senza motivo se non quello che noi cerchiamo, a tappe, di distribuire…
Il senso… spesso neanche i film ce l’hanno… un senso.

domenica 1 febbraio 2009

non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume

tutto scorre (panta rei),
tutto è in perenne movimento,
e la staticità è morte.
In questa concezione, infatti,
il divenire è la condizione necessaria dell'Essere,
della vita stessa.
Eraclito afferma
che è impossibile

bagnarsi due volte nello stesso fiume,
perché dopo la prima volta,
sia il fiume (nel suo perenne scorrere)

sia l'uomo (nel suo perenne divenire)
non sono più gli stessi.




giovedì 29 gennaio 2009

QUO VADIS?

Quo vadis?... si domandò.

Dove vai?
La domanda le vorticava nella mente superandone i confini, in lingue note e ignote.
Dove stai andando?
Si vide di colpo come un serpente che era rimasto arrotolato per anni.
Dove stai andando?
Vide la vita come un loto dai mille petali che avrebbe dovuto trovare,
prima di conoscere l'appagamento.
Come e dove avrebbe dovuto iniziare la sua ricerca?
Dove stai andando?
... adesso la piccola è una donna ...

martedì 14 ottobre 2008

i pensieri ci sono...



i pensieri ci sono...
soltanto non hanno voglia di uscire dal loro bel cassetto.
Tutto intorno si muove.
Sara ha smesso di incontrarlo,
non capisce bene se è la realtà ad essere più forte del suo pensiero
o viceversa,
o semplicemente,
realtà e pensieri
d'improvviso si fondono insieme.


mercoledì 1 ottobre 2008

IN_ASPETTATO

ciò che è inaspettato...

mosso da piccole coincidenze,
colorate e saporite,
apparentemente casuali,
legato da momenti di silenzio e osservazione


...è quello che mi fa sorridere e credere
nella bellezza del mio viaggio.

mercoledì 17 settembre 2008

Aladino (un racconto arabo)

Aladino era un ragazzo che abitava in una città della lontana Arabia, e che non aveva una gran voglia di lavorare.

Anzi, non ne aveva nessunissima voglia. Inutilmente suo padre, che faceva il sarto, lo rimproverava, lo incitava a cercarsi un’occupazione:
"Diventerai uomo e ti dispiacerà d’aver perduto tanto tempo.

Agli oziosi vengono brutte idee per la testa".
"Sarà quel che sarà", rispondeva Aladino.
Morto il padre, il ragazzo continuò a bighellonare da mattina a sera. E un giorno, mentre stava giocando, come al solito, con alcuni amici, gli si avvicinò un forestiero.

"Sei tu il figlio del sarto?", gli domandò costui.
"Sì", rispose Aladino, "ma mio padre è morto da qualche anno".
Il forestiero si mise a piangere: "Povero fratello mio. Ero venuto qui dall’Africa, dove vivo, per riabbracciarlo. Oh, che disgrazia!".
"Voi dunque sareste mio zio?", si stupì Aladino. "Non assomigliate a mio padre nemmeno un po’. Comunque venite, vi porto da mia madre".
Nemmeno la donna aveva mai saputo dell’esistenza di quello zio, che tuttavia le piacque perché assicurava di volersi prendere cura di Aladino, che lo avrebbe indotto a lavorare, e l’avrebbe fatto diventare ricco.
"Verrai con me. Ti porterò in un posto che sarà la tua fortuna", disse. E, preso per mano Aladino, che in realtà avrebbe preferito restarsene a casa, lo costrinse a seguirlo.
Camminarono per alcune settimane finché, giunti in una radura, il forestiero rivelò ad Aladino chi egli fosse in realtà.
"Non sono tuo zio, ma un mago. Ho deciso di renderti ricco, anzi ricchissimo. Lo vedi questo macigno? È pesante, ma tu dovrai spostarlo. Lì sotto c’è una caverna piena di diamanti. Ci entrerai e quell’immenso tesoro sarà tuo".
Aladino era molto diffidente. E aveva ragione. Lui non lo sapeva, ma quello era un mago cattivissimo.
Attraverso terrificanti sortilegi aveva scoperto dov’era nascosto il più fantasmagorico tesoro del mondo, che contava, tra le tante meraviglie, una piccola lampada dagli straordinari poteri. Ma aveva anche scoperto che c’era una pietra a chiudere l’antro in cui quel tesoro era custodito, e che a sollevarla poteva essere una sola persona: quel fanciullo di nome Aladino.
Così, intendeva servirsi di lui.

Per vincere la diffidenza di Aladino, perciò, il mago non esitò a consegnargli un anello.
"Mettilo al dito, non togliertelo mai. È un anello magico: ti sarà d’aiuto in tante occasioni. In cambio, tu per me dovrai fare una cosa: portarmi la piccola lampada che troverai in fondo alla caverna".
Incuriosito, Aladino a quel punto decise di spostare il macigno.
Sotto c’era una scala che scendeva, profondissima, e il ragazzo la discese. Si trovò così in una grandissima caverna, con degli alberi meravigliosi dai cui rami pendevano, invece dei frutti, grappoli di brillanti, e ce n’erano da riempire cento sacchi, a raccoglierli.

Aladino non sapeva che cosa fossero i brillanti, però il loro luccichio gli piacque. Così ne colse alcune manate e se ne riempì le tasche.
Vide anche la lampada. La prese, e cominciò a risalire verso l’imboccatura della caverna, dove il mago lo attendeva sempre più impaziente.
"Dammi la lampada, presto", gli ordinò il mago.
Era sua intenzione, non appena ottenuto ciò che gli stava a cuore, far ricadere il ragazzo nel baratro per lasciarvelo morire.
"No, prima voglio uscire", s’insospettì Aladino.
"Prima la lampada!".
"No. Prima mi tiri fuori!".
A questo punto il mago, arrabbiatissimo, disse una formula magica e l’imboccatura del sotterraneo si richiuse sul povero Aladino che, disperato, piangeva a dirotto. E mentre piangeva, passava inavvertitamente le dita sull’anello, strofinandolo.
Sappiamo già che l’anello era magico. Sollecitato a quel modo, esso rivelò subito i suoi poteri. Infatti, in una luce abbagliante, davanti ad Aladino apparve un genio.
"Comanda cosa vuoi", disse il genio ad Aladino inchinandosi, "e io ti accontenterò".
"Riportami subito a casa", fu la richiesta.
In men che non si dica, il ragazzo si ritrovò dalla madre, le mostrò le pietre preziose e la lampada che aveva con sé.
La donna trasalì, comprendendo la straordinarietà di quanto vedeva.
Nervosamente si mise a pulire la lampada che, essendo magica, era la casa di un genio ancor più potente di quello dell’anello.
Richiamato da quel gesto, il nuovo genio subito le comparve davanti.
"Sono al tuo servizio", s’inchinò. "Ordina e io ti esaudirò".

Fino ad allora, nella povera casa di Aladino si era sofferta la fame, perciò ella chiese una tavola imbandita con gustose vivande e buon vino.
Immediatamente la tavola fu apparecchiata: una tavola principesca, che ritornò tutti i giorni, due volte al giorno.
Sostenuto dalla buona sorte, Aladino smise di oziare, lavorò, si dette buon nome. La gente giunse persino a lodarlo, a riverirlo.
Un giorno Aladino intravide, non visto, la bellissima figlia del re che usciva a passeggio. Non visto, in quanto se ne stava nascosto perché, quando la principessa usciva in pubblico, tutti dovevano rinchiudersi in casa e non ardire di alzare gli occhi su di lei, pena la morte.
Ma la curiosità aveva indotto il giovane a dare una sbirciatina. E subito se ne innamorò.
"Madre, voglio sposare la principessa".
"Oh, povero figlio mio. Sei impazzito?", trepidò la donna.
"Mai stato più in senno, madre. Ecco qui una ciotola di brillanti. Vai in udienza dal re, che ti riceverà. E tu, offrendogli un dono così strabiliante, gli dirai che glielo mando io, e che voglio sposarne la figlia".
Tremando di paura per l’ardire, la madre di Aladino si recò dal re, e fece ciò che le aveva detto il figlio.
Visto l’inestimabile tesoro recatogli in dono, il re si rallegrò. Se regalava simili ricchezze al suo re, quel giovane ben poteva essere lo sposo della principessa.
Per celebrare degnamente le nozze, Aladino strofinò la lampada e chiese al genio di costruirgli un palazzo più bello di quello del re.

E subito, ecco sorgere dal nulla la nuova, meravigliosa dimora di Aladino e della sua sposa.
Tutto, dunque, sembrava procedere per il meglio. E non ci sarebbero state complicazioni di sorta nella vita dei due, se non fosse accaduto che il mago che aveva cercato d’ingannare Aladino, rimpiangendo continuamente la lampada perduta, non avesse insistito nei suoi esperimenti per sapere che cosa ne fosse stato del ragazzo, se egli fosse morto davvero nel profondo della caverna.
Seppe così che non solo Aladino era vivo, ma possedeva, oltre all’anello, anche la lampada magica. Perciò, pieno di stizza, ripartì alla volta dell’Arabia.
Quando vide lo splendido palazzo di Aladino, una rabbiosa invidia prese a tormentarlo. Non volendosi arrendere alla fortuna dell’altro, si travestì da mercante, attese che Aladino accompagnasse il re in un viaggio nei reami vicini, si fece ricevere dalla principessa e, un po’ con parole sdolcinate, un po’ per magia, la trasse in inganno.
Le fece credere cioè che la lampada custodita dal suo sposo era vecchia e non valeva nulla: gliela avrebbe cambiata con una bella lampada nuova.

La principessa, ignara di tutto, accettò.
Avuta fra le mani, finalmente, la lampada magica, il mago ordinò al genio di trasportare il palazzo di Aladino, con tutti i suoi abitanti, in Africa. E il genio non poté far altro che ubbidire.
Non appena tornato dal viaggio, non vedendo più né il palazzo né la principessa, Aladino comprese ciò che era accaduto.
Ma non si perse d’animo. Strofinò l’anello che aveva ricevuto tanto tempo prima dal mago e che sempre portava al dito.
Rapido apparve il primo genio, quello che lo aveva salvato dalla caverna dove il mago lo aveva rinchiuso.
"Riportami subito qui mia moglie e il mio palazzo, ovunque essi siano", gli ordinò Aladino.
Gli rispose il genio: "Ogni tuo desiderio per me è un ordine, padrone. Ma questo non posso esaudirlo. Perché l’incantesimo è stato compiuto dal genio della lampada, che è molto più potente di me".
"E allora portami dalla principessa", disse Aladino.
In men che non si dica, era già in Africa, nel suo palazzo, al fianco della sua sposa, disperata, in lacrime, perché temeva di dover dire addio per sempre ad Aladino, al padre, al suo Paese.
La felicità dei due, quando si riabbracciarono, è facile da immaginare.
"E adesso", disse Aladino alla principessa, dopo averle confidato la sua lunga avventura con il mago, "ci riprendiamo la lampada".
"Ma come?", rispose lei, dubbiosa.
"È facile. Inviti a cena il mago, che essendo un grande vanitoso, si lascerà conquistare dai tuoi complimenti. E tu gliene farai tanti..."
"Io, Aladino, fargli dei complimenti?".
"Sì, mia diletta. E lo farai bere tanto. Anzi, per essere più sicuri, metterai del sonnifero nella sua coppa di vino".
"Ho capito", sorrise la principessa.
Tutto avvenne secondo il previsto. Non appena il mago si addormentò, Aladino, che fino ad allora s’era tenuto nascosto, venne fuori, tolse la lampada dalle mani del mago e la strofinò. Ed ecco apparire il genio.
"Tu, genio", comandò Aladino, "porta questo mago dove nessuno lo possa mai più trovare. E riporta questo palazzo, con tutto ciò che contiene, in Arabia".
Così avvenne.
E in Persia, Aladino e la principessa vissero felici, a lungo.
Potrebbe darsi che, a cercarli proprio bene, magari con l’aiuto di qualche genio, si riesca ancora oggi a trovarli là.


http://www.lefiabe.com

lunedì 25 agosto 2008

Piccole cose importanti

Ciò che è piccolo si afferma e gioisce libero, ci si impone solo con lapurezza delle intenzioni e si devea gire seguendo le indicazioni del momento. La docilità è giusta ed è questo che rende felice il presagio che piccole cose sono importanti.. La durezza perde terreno e non è giusta perciò non adatta per realizzazioni importanti.
Un tuono in montagna scuote molto di più da vicino che in pianura, perchè per la rarefazione dell'aria, se ne coglie più intenso il fragore; così gli avvenimeti quotidiani, gli atteggiamenti abituali, particolari apparenetemente trascurabili, assumono una dimensione diversa se osservati da vicino, seguiti attentamente, rilevati con meticolosa puntualità. Apparenze che sembravano vuote di significato, esprimono il carattere, sentimenti taciuti rivelano di essere molto profondi, la cautela, creduta pura, è riscoperta come lucida prudenza, sapienza vera della realtà.

giovedì 21 agosto 2008

Toda Joia Toda Beleza

Toda Joia Toda Beleza
Tutta la gioia tutta la bellezza
L'uomo è pazzo
Bellezza desiderata
Bellezza che manca
Bellezza d' oro
Ogni giorno mi vedo
Bellezza di niente
Bellezza di tutto il passato dimenticato
che torna di nuovo
Come delle linee
Bellezza d' acqua
Ogni giorno un pò di fortuna
Bellezza di fuoco
Per saper arrivare
Bellezza che pensa e che non si avvicina
Bellezza di luce
Ogni giorno rido
Bellezza di notte
Bellezza del mare
Ogni giorno è un giorno
Bellezza di pace
E polvere che si trasforma
Bellezza che tocca la mia anima profonda
che riempie la mia vita
Dove vai malandrino?
Vado in battaglia in questo giorno qualunque
Tu sei l'elemento
Quello che mi manca sempre
canto caliente è arrivato all'improvviso
registrando il mio destino,
il cullare della mia mente
Ciò che il mio cuore sente
Tu sei l'elemento
Quello che mi manca sempre
Sono come il vento che non tocchi
Tutta la gioia tutta la bellezza
Tu sei l'elemento
Tutta la gioia tutta la bellezza
Te lo dico chiaramente
Toda Joia Toda Beleza

Miti e liggenni dâ Sicilia

Etna è lu nomu di na dia di la mitulogìa greca.
Era cunziddirata figghia di
Uranu e Gea. Lu dragu Tifone, si pinzava ca campava nte vìsciri di l’ Etna e era lu mutivu di li distruttivi eruzzioni.
La Sicilia, terra di
vurcani e frummentu, era mutivu di liti cuntinui tra Efesto e Demetra, dei lu primu dô focu e la secunna di li messi. Etna fici di àrbitru.

Fata Morgana
Na liggenna assai cuntata nta tutti li cuntrati dô
Stritto dici ca nta l’èbbica di li nvasioni barbàrichi ntô misi d’austu, mentri celu e mari eranu senza nu ciusciu di ventu, e na negghia nica-nica faceva comu a nu velu a l'urizzonti, li bàrbari doppu ca attravissaru tutta la pinìsula taliana, agghicaru ntê costi dâ cità di Riggiu e s’attrovaru davanti a lu stritto ca sparti la Calàbbria da Sicilia.‘N facci, nta l’àutra spunna dô mari, vìttiru n'isula - la Sicilia - cu nu granni munti fumanti - l'Etna - e lu Re bàrbaru s’addumannò comu putìa fari pi agghiuncìrila truvànnusi senza mancu na varca.Mpruvvisamenti apparìu na fimmina bedda assai, ca ci uffrìu l'ìsola a lu cunquistaturi, e cu nu cennu dâ manu ci la fici appariri vicinissima, a purtata di manu . Taliannu nta l'acqua iddu vidìa chiari li munti, li spiaggi, li strati di campagna e li navi ntô portu comu si potissi tuccàrili chê manu. Picciò lu Re bàrbaru sautò ‘n terra dô cavaddu e si jittò nta l'acqua, sicuru di putiri agghicari a l'ìsula cu nu paru di brazzati, ma l'incantèsimu si ruppi e lu Re annijò miseramenti. Tuttu chiddu ca avìa vistu era, nfatti, nu miraggiu, nu jocu di luci di la bedda e scanusciuta fìmmina, ca era la Fata Morgana.

La liggenna di Aci e Galatea vinni di li
Greci pi spiecari la ricchizza dî surgivi di acqua duci ca truvaru ntâ zona di l’Etna.
Aci e Galatea (Rosariu Anastasi, pinacuteca Zelantea)
Aci, era un pastureddu ca viveva, pasculannu li sò pecuri, nte pinnici di l’Etna. Di iddu era nnammurata na biddìssima carusidda, ca si chiamava Galatea e ca avìa rispintu la pruposta d’amuri di
Polifemu. Chistu, quannu s’accurgìu ca Galatea sa facìa cu lu pastureddu Aci, lu ammazzò, p’aviri, accussì, la strata lìbbira cu la bedda carusedda Galatea. Ma, l’amuri di Galatea pi lu sò Aci, cuntinuò macari nfinu a doppu ca chistu era mortu, e Polifemu ristò comu nu passuluni. La janca Nereide, scunzulata, cu l’ajutu di li Dei, traspurmò lu corpu mortu di Aci nta surgivi di acqua duci, ca ancora oggi scìnninu pi li pinnici di l’Etna, vucalijannu sona malincònici di struggenti nustalgìa.

Li rifirenzi giogràfici lijati â liggenna [cancia]
Vicinu la costa, ammeri a na cuntrada chiamata oggi "Capu Mulini", nta nu locu dispìcili di agghiùnciri dà terra e cchiù facirmenti dô mari, c’è na nica surgiva firrusa ditta di li pupulazzioni lucali "lu sangu di Aci" pi lu sò culuri russastru.
Nta la lucalità chiamata oggi "
Capo Molini" ci fu na vota nu nicu villaggiu di piscatura ca era chiamatu, pi mimoria di lu pastureddu dô mitu grecu, Aci. Ntô XI° sec. d.c.d.C.D.C. un tirrimotu distrussi lu villaggiu, e la pupulazzioni ca supravvivìu funnò àutri paisi ntê vicinanzi. A mimoria di lu nomu di lu villaggiu d’orìggini, li novi paisi foru chiamati Aci. Doppu tempu, si funnaru àutri paisi e, pi scanciari nu paisi di l’àutru, a ogni cuntrada ci fu misu un secunnu nnomu, sparti di Aci; nascìu accussì Aci Casteddu ( pi nu casteddu custruitu supra nu faragghiuni), Acitrizza (pi la prisenza di tri faragghiuni ntô mari d’avanti ô paisi), Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci S.Antoniu, Aci Platani e Aci Sanfulippu.

venerdì 25 luglio 2008

PAUSA SIGARETTA

.... e quando si fa la pausa sigaretta dal Ben Hur che sto montando,
che si fa?
4 cose:
Si parla al telefono, si mangia un gelato,si pensa, si scrive...

Ripensando a questa notte, anche Mirtilla si scioglie. (incorreggibile quasi da farmi arrossire!)
Lei è razza animale, spontaneità istintiva.
Unica differenza.

martedì 24 giugno 2008

Spontaneità

Tu che non mi capisci,
io ti rispondo:

SONO SEMPLICEMENTE TIZIANA.


Spontaneità

La spontaneità è da noi conoscibile attraverso le sue manifestazioni. Essa si disvela all'uomo attraverso la percezione intima di sentire viva la disponibilità a mobilitare le proprie energie intellettuali, affettive, fisiche per mettersi in un rapporto adeguato (che tenga cioè nel giusto conto le esigenze intrapsichiche e le richieste ambientali) con la realtà "inventando" risposte adatte alla situazione. Essa è il prerequisito di ogni esperienza creativa: infatti ha la funzione di catalizzatore che sviluppa la creatività potenziale dell'individuo, trasformandola in qualcosa di operativo.
Moreno si è così espresso:
"La spontaneità opera nel presente, nel qui ed ora; essa stimola l'individuo verso una risposta adeguata ad una situazione nuova o a una risposta nuova ad una situazione già conosciuta."
Nell'atto concreto la spontaneità e la creatività sono intimamente fuse. Se manca lo stato di spontaneità, la creatività rimane inerte, nascosta, qualunque sia la sua entità potenziale. L'atto privo di spontaneità è l'atto meccanico, ripetitivo, riflesso, stereotipo; atti di questo genere sono propri della macchina, del robot, del computer. La spontaneità coinvolge, con ritmi diversi, tutti gli esseri viventi ed è l'elemento che ha permesso l'evoluzione della vita dalle forme primordiali a quelle più evolute. Essa presenta le sue manifestazioni più evidenti nell'uomo: dal neonato che, privo di apprendimenti, appare tutto proteso a scoprire modi soddisfacenti di collocarsi nel mondo, allo scienziato che formula le sue ipotesi di ricerca. Tuttavia questa spontaneità, che appare presente in modo diffuso negli uomini appena venuti al mondo, sembra apparire solo occasionalmente nella maggior parte delle persone divenute adulte.

La spontaneità stimola a trasformare la realtà, a rompere gli schemi, ad evitare le cristallizzazioni; essa comporta di affrontare i rischi del cambiamento. Ed è pertanto in contrasto con la tendenza alla conservazione rassicurante riscontrabile in ogni organismo sia individuale che sociale (va qui notato che l'organismo sociale si è strutturato in modo da privilegiare il comportamento stereotipo e prevedibile piuttosto che quello spontaneo, cercando in tal modo di garantirsi il potere sul singolo individuo e la sopravvivenza). Ma l'uomo, qualunque sia la sua storia, è sempre riconducibile ad uno stato di spontaneità attraverso adeguate esperienze di "riscaldamento" della sua vitalità, della sua energia psichica e fisica. L'uomo può essere aiutato sempre a prendere contatto con la propria spontaneità, giungendo a sentire quest'elemento non come una forza esplosiva e pericolosa, ma come uno stato positivo in cui può vivere senza la minaccia di sentirsi smarrire.

venerdì 20 giugno 2008

CONSAPEVOLEZZA

DIVENTI UN ESSERE UMANO SOLO QUANDO INIZI A RIFLETTERE SULLE COSE IN PRIMA PERSONA, DIRETTAMENTE. QUANDO OSSERVI CON ATTENZIONE, CON PRECISIONE, CON ACCURATEZZA, QUANDO ANALIZZI, QUANDO VALUTI, QUANDO SOPPESI LE COSE E INIZI VIVERE IN BASE ALLA TUA CONSAPEVOLEZZA, E A ESSA TI AFFIDI SEMPRE DI PIù, CONSEGUI LA LIBERTà.
LIBERTà SIGNIFICA AVERE IL CONTROLLO SULLA PROPRIA MENTE, SULLA TUA COSIDETTA MENTE, CHE NON è TUA, PERCHè TI è STATA DATA DAGLI ALTRI, IN SINGOLI FRAMMENTI. NON SEI ALTRO CHE UN FENOMENO AD ACCUMOLO... FRAMMENTI RACCOLTI DA UN INFINITà DI FONTI, TALI PER CUI è IMPOSSIBILE CHE SI POSSANO FONDERE E DIVENTARE UN'UNITà. MA UNA SOLA COSA IN TE NON è MUTATA DALL'ESTERNO, E CIOè LA TUA CONSAPEVOLEZZA, LA TUA PRESENZA ATTENTA. QUELLA L'HAI PORTATA CON TE, è PARTE DELLA TUA ESSENZA PIù INTIMA.
FONADTI SU DI ESSA E NON DIPENDERE MAI DALLA MENTE, DIVENTA INDIPENDENTE DALLA MENTE E DIPENDI ASSOLUTAMENTE DALLA CONSAPEVOLEZZA, E FARAI UN PASSO GRANDIOSO NELLA TUA VITA...

venerdì 6 giugno 2008

MESSAGGIO

Se parlo le lingue degli uomini
e anche quelle degli angeli,
ma non ho amore,
sono un metallo che rimbomba,

uno strumento che suona a vuoto.
Se ho il dono dell'essere profeta
e di conoscere tutti i misteri,
se possiedo tutta la scienza
e anche una fede da smuovere i monti,
ma non ho amore,
io non sono niente.
Se do ai poveri tutti i miei averi,
se offro il mio corpo alle fiamme,

ma non ho amore,
non mi serve a nulla.

Chi ama
è paziente e generoso.

Chi ama
non è invidioso
non si vanta
non si gonfia d'orgoglio.
Chi ama è rispettoso
non cerca il proprio interesse
non cede alla collera
dimentica i torti.
Chi ama non gode nell'iniustizia,
la verità è la sua gioia.

Chi ama tutto scusa
di tutti ha fiducia
tutto sopporta
mai perde la speranza.

Le tue interpretazioni rifletteranno sempre e soltanto te. Quando guardi uno specchio, vedrai il tuo volto, vedrai te stesso. Non puoi vedere lo specchio, puoi solo vedere il tuo volto riflesso in lui. Sarai in grado di vedere lo specchio solo quando avrai perso iltuo volto, quando avrai perso la tua testa, quando non sarai più. Quando sarai diventato un nulla, un nessuno, allora mettiti difronte a uno specchio, e vedrai lo specchio e il suo riflettere, ma tu non sarai riflesso in lui, non verrai rispecchiato.
Non sarai presente in quello specchio... prima di diventare un'assenza, non serve mettersi davanti a uno specchio.




martedì 3 giugno 2008

altro TEMPO


Il tempo e’ come la linea d..orizzonte..
spinge via il sole per farlo ritornare
e non possiamo fare altro che guardare,
ammirare o impazzire per il suo susseguirsi.




giovedì 29 maggio 2008

TIPO IL NANO DI AMELIE...

e il Cactus tornò a casa...

Chissà dove è stato, quale giro del mondo ha fatto?
Quali terre ha conosciuto?
Gentimelte me lo hanno riposto in equilibrio su se stesso,
la terra non lo accoglie in profondità è solo il piano su cui appoggiare le sue radici.

Come un cane randagio è segnato dal suo combattimento.
Mani non gentili gli han spezzato le sue spine, ma lui è li in equlibrio stanco svilito... ma a casa, con isuoi amici gerani, gelsomino, viole, ortensia, rosa..
me lo ha sussurrato è stata dura, i suoi fiori son morti il trauma li ha paralizzati.
Mi chiede amore, rivuole le mie mani ad "accarezzarlo", a curare i tagli sulle sue coste verdi...
Domani cercherò di riinterrarlo.
Ma io dico! neanche nei film si è mai visto il ratto del Cactus!

Vorrei proprio vederla la faccia di codesta persona!
Colpita dal mio continuo pensiero stupito ed incredulo, colpita dal suo senso di colpa, colpita dal gesto assurdo compiuto.
persona che a quanto pare mi tiene sotto controllo.
Agisce quando io non ci sono.
L'andata di giorno e il ritorno di notte!

Ma qual'è il senso e significato di tutta questa storia?

FORSE :

  • PRIMA O POI OGNI COSA TORNA AL SUO POSTO!
  • OGNI COSA CONTORTA PRIMA O POI TROVA QUALCUNO CHE RIESCE A SEMPLIFICARLA
  • ESISTE QUALCUNO CHE HA STRANI SOGNI EROTICI E NON RESISTE DAVANTI A UN CACTUS!

mercoledì 20 febbraio 2008

LA FARFALLA E L'APE

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Mentre aspettavo KAnu alla finestra mi venne in mente la storia del ragno. Ogni volta che si arrampicava scivolava giù, ma non rinunciava. Lo aspetto al solito posto. Un giorno o l'altro potrebbe comperire di nuovo. se itentativi del ragno rivelano una forte determinazione, il mio è frutto di debolezza. Non ci vuole determinazione per stare alla finestra. E' uno strano senso di debolezza che mi spinge a stare qui ogni sera. Kanu verrà? Sarei in grado di riconoscerlo da lontano anche in mezzoaun vortice di folla. Di riconoscere il suo profumo ad occhi chiusi. L'ultima volta che mi ha vista, kanu mi ha sollevato il mento e mi ha sfiorato le labbra con il mignolo dicendo: "Tornerò il prima possibile... C'è bisogno di una prova dell'intensità del mio amore?"
Non ce n'era bisogno. Gli avevo sempre creduto. dai suoi modi e dalle sue espressioni traspiravano schiettezza e semplicità. ne ero stata inondatata dalla testa ai piedi ed ero venuta la sua amata. Allora perchè non torna? Lo sa che lo sto apsettando. Mi batte forte il cuore. I miei occhi vogliono vedere solo Kanu, le mie orecchie vogliono udire la sua voce. Voglio la mano di Kanu nella mia. Ma non verrà, lo so. Se n'è andato al di la delle nubi, attraverso molti cieli.
Dove posso andare con questo cuore sconfitto? Il sonno è il mio rifugio. Il cielo è coperto. Uno spesso strato di polvere fluttua fra la terra e le nubi. Tutto intorno è tenebroso. Se piovesse, la polvere si compatterebbe con la terra, le nubi si disperderebbero. Si vedrebbe la luna e su di essa il riflesso di kanu. Non è così? Davanti allo specchio, Kanu e la sua amata potrebbero vedersi. Kanu e io potremmo arare il suolo bagnato, piantare un seme. germoglierebbe, mettrebbe tenere foglie, radici e rami, continuerebbe a crescere, giorno dopo giorno. Diventerebbe più alto di me, più alto di kanu, e Kanu e io lo guarderemmo con fierezza. Mi sento sazia.
Ma tutto ciò accadrebbe solo se piovesse. ma non ha piovuto. Lo strato di polvere si sta ispessendo. Mi entre in copo attraverso gli occhi e l'aria che respiro. Mi sento soffocata e impaurita. Mi allento gli abiti e mi sciolgo i capelli. Sono intrappolata da innumerevoli strati di polvere. Si insinuano tra le ciocche dei miei capelli e in ogni piega dei miei abiti. Ho smesso di respirare? O dio! restituiscimi Kanu! Dove sei?
Gridando: "Kanu! Kanu..." mi sveglio. cosa c'è? La mia testa è in grembo a Kanu, le sue dita mi accarezzano i capelli. Io sono l'amata di kanu. Riesco a udire il flauto di kanu, a sentire il suo tocco, anche in sua ssenza. Kanu è qui; dove se no? Lo vedoanche al buio. ecco il suo viso,e i suoi occhi amorevoli, le sue labbra calde. Mi tiene il ento e mi sfiora le labbra con il mignolo. Grido:"Kanu".
"Sara!"
Avete sentito? Avete sentito tutti? Kanu mi chiama. Che tenerezza! Ogni sua parola è piena di oceani di amore. ma come potrebbe riconoscerlo un mondo geloso? Io sono un fiore inebriato. Sono l'amata di kanu. il giorno non è ancora spuntato e io già aspetto la sera. Appena il suo fiato si mescola all'aria, so che sta arrivando. lacerando le coltri di polvere, irrompendo tra le nubi; tuonando e danzando, lui arriva e mi inonda dalla testa ai piedi.
Ho perseverato quanto il ragno?Da bambina leggevo le storie di un'astuta volpe. non riuscendo ada arrivare a prendere l'uva, la volpe diceva che era acerba. Ieri quando Kanu ha detto che non aveva tempo di vedermi, ho capito che non sono astuta come quella volpe. pur sapendo benissimo che l'uva è acerba, continua a saltare come una stupida per arrivarci. Dovrebbe esserci un limite alla propria stupidità!

Mi sono stancata di saltare. Stavo seduta su un masso e continuavo a fissare con occhi avidi quel grappolo d'uva. Sembrava amara. Ma tra i miei occhi e il mio cuore non c'era disaccordo. Continuo a saltare dall'alba al tramonto. Fisso il luccichio delle stelle e mi rendo conto della verità.
Quasi un secolo fa Kanu e io eravamo seduti sulla sponda del fiume. All'improvviso abbiamo udito il ronzio sonoro di un'ape. Suggeva nettare da un fiore, quindi volava su un altro. Poi giunse una farfalla sbattendo le ali screziate. Continuava a volare qua e là. Kanu disse:" Sara hai visto l'ape e la farafalla? tutte e due continuano a passare da un fiore all'altro. tutt'e due succhiano il nettare. Si diebbe che non ci sia differenza tra loro, eppure una fa sul serio, per l'altra è un gioco". Non ero d'accordo: Kanu, l'ape è astuta. si limita a fare il suo lavoro, ma lo fa sempre con quel ronzio serio per dimostrare quanto è impegnata. la farfalla è innocente. Non le impoerta di far vedre
al mondo ciò che sta facendo. Esibisce i suoi colori sgargianti. Non ha bisogno di dimostrare niente, lei."
Kanu:" Sara, per vivere devi dimostrare sempre qualcosa. Bisogna dare qualche dimostrazione di sè per vivere nella società in modo accettabile":
IO: "Kanu, oggi siamo vivi, domani chissà. Immagina che questi siano gli ultimi istanti della mia vita, sai quali sarebbero i miei ultimi pensieri? L'unica cosa che voglio è un sentimento tenero e sincero da una persona come te. E' questa la verità. le emozioni forzate non lasciano dei bei ricordi".
Kanu:" Lo so, ma non posso farci niente. eppure con queste mie mani ammanettate ti accarezzerò. ti darò tutto l'amore di cui sono capace. Mi accetterari?"
IO:" No, kaanu, non mi piace il rumore delle manette quando mi toccano con amore. Io voglio libertà. desidero un amore gratuito, duraturo e spontaneo. le mani incatenate si feriscono e sanguinano. Il che priverebbe del piacere che si prova dando e ricevendo gioia".
Kanu:" Bè la scelta spetta a te. Non cercarmi più. vedrò di fare lo stesso anch'io. Non sono pronto a rinunciare al mio vecchio legame, ma vorrei ancora condividere l'amore con te":
IO:" non voglio condividere. Per quel che mi riguarda pretendo il mondo intero. Anche se in tale mondo ci sono persone
molto vicine e altre stranee. Come puoi condividere una persona che è tua?".
Kanu:" L'uomo a diffrenza della donna, non è privo di paure. anche se la donna è più vulnerabile, l'uomo deve calcolare tutto".
Pur sapendo bene bene che l'uva è acerba, continuo a saltare per arrivarci.

"Kanu non ti piace sognare?" domandò Sara con le lacrime agli occhi. Con quanta disinvoltura le aveva detto che lei non era più la sua amata e lui non era più il suo Kanu! Una sola frase aveva portato l'autunno sulla terra dove era sempre primavera. Sara si sentì spezzare il cuore. Il suo corpo gelava. Le labbra tremavano. le mancava la voce. con grande sforzo riuscì a pronunciare quell'unica frase:" Kanu, non ti piace sognare?"
Kanu era sempre con i piedi per terra. Sara fluttuava tra le nubi. Quanto spesso desiderava prendere per mano Kanu e volare via nei cieli! Che beatitudine! Non c'è nessuno lassù, Solo Kanu e Sara. Le nubi li accarezzano. La luna e le stelle giocano a nascondino con loro. Sara non potrebbe essere più felice...
Ma Kanu la tirò giù dai cieli. sara si sentì come una formica calpestata da Kanu. Lo guardò spaventata. Sembrava un mostro. In un certo senso Kanu ha ragione: amore, unione, bramosia ed eccitazione sono cose di breve durata, insignificanti. ma per Sara ogni istante ha un avlore eterno. Appena lei chiude gli occhi, Kanu entra aprendo le porte del suo cuore. invade ogni angolo della sua esistenza.
ma la frase fatale di Kanu fu uno scchiaffo in faccia a Sara. Non uno, molti schiaffi.
Kanu rispose con indifferenza e cinismo alla domanda di sara: "A che servono i sogni?"
Sara si chiese: soppesi sempre in questo modo costi e benefic
i? Perchè privare di gioia una mente turbata?
A quel pensiero Sara si rese conto di non essere la moglie di Kanu, bensì la sua amata.Un'amata accetta con gratitudine qualunque cosa del suo amore. Quali diritti può accampare su Kanu?

non ne sono certa. forse queste cose accadono in un mondo senza sogni. Venivo trascinata via dalla rapida corrente del fiume. Godevo del tocco dell'acqua, dell'odore della brezza. Tutt'a un tratto mi schiantai contro un enorme masso. Come vetro andai in mille pezzi. Il fiume si arrossò, la brezza divenne fuocoe la natura ostile.
"Kanu lascia vivere i sogni, o il mondo non sarà vivibile!"


mercoledì 16 gennaio 2008

Il triskell

Il triskell è un simbolo celtico molteplice, magico e druidico. Il suo nome deriva dal greco tris (tre) + keles (gambe), è anche il simbolo ufficiale della Britannia, e il fatto che il simbolo dell'Irlanda sia un trifoglio non è per niente casuale. I suoi tre riccioli, meglio detti volute, sono crescenti da sinistra verso destra, come il sole, nonostante la rappresentazione comune le voglia tutte uguali. Il suo simbolismo è vario: fondamentalmente, rappresenta la ciclicità cosmica, riproducendo graficamente le tre fasi solari alba-mezzogliorno-tramonto, ma anche il passato-presente-futuro. È sopravvissuto anche dopo la cristianizzazione delle terre celtiche, divenendo simbolo della trinità: basta notare le forme trilobate delle finestre delle chiese gotiche, o le finestre di vetro piombato medievali che talvolta mostrano tre lepri che si rincorrono e le cui orecchie formano al centro un triangolo. Altri simboli possono esssere le tre età dell'uomo infanzia-maturità-vecchiaia [Digressione: avete presente l'indovinello della Sfinge di Tebe a Edipo? Qual è quell'animale che la mattina cammina su quattro zampe, il pomeriggio su due e la sera su tre? È l'uomo, che da giovane gattona (la mattina su quattro zampe), da adulto cammina eretto (il pomeriggio su due) e da vecchio si sorregge sul bastone (la sera su tre). Non sembra ricollegabile? Pensate che è comparso per la prima volta in una tragedia greca del V secolo a.c., "Edipo Re" di Eschilo], le tre nature della divinità umana-animale-vegetale, i tre aspetti della Dea madre-figlia-sorella, i tre elementi del mondo terra(=cinghiale)-acqua(=pesce)-aria(=drago), che con il loro movimento rappresentano il quarto elemento, il fuoco, normalmente riassunto nel cerchio che incornicia il triskell. La Trinacria Siciliana, il simbolo della città di Agrigento, ricorda molto da vicino un triskell, rappresentando tre uomini in ginocchio, con particolare rilievo sulle tre gambe, che riproducono le tre volute: dopo tutto, anche nello stesso nome è racchiuso il significato di “gamba”. Gambe corazzate, disposte in questa combinazione, formano anche l'emblema dell'Isola di Man, con il motto stabit quocumque ieceris (=tornerà in piedi dovunque lo si getti). Anche lo stemma di Fuessen, in Baviera, mostra un treppiede. Si possono poi aggiungere tutte le svariate valenze che il numero 3, numero perfetto per eccellenza, ha assunto nelle culture di tutto il mondo, non ultima la trinità cristiana, i tre aspetti della dea Morrigan celtica (Badb, Macha, Morrigan), le tre Grazie, le tre Parche greche, con il loro corrispettivo germanico delle Norne, la Trimurti indù, le tre Erinni o le tre Eumenidi della mitologia greca, le nove Muse, che sono tre per tre, la divisione alchemica del mondo in corpus, anima et spiritus o sal, sulphur et mercurius.