THERE IS ALWAYS HOPE

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"Prendete una sedia e sistematevi sull'orlo del precipizio: solo allora potrà avere inizio la storia che voglio raccontarvi"
Francis Scott Fitzgerald
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venerdì 24 aprile 2009

SAVIANO CI AVEVA AVVERTITO...

In Gomorra, Saviano ci aveva avvertito che le case degli Abruzzesi erano piene di sabbia



Davvero toccante rileggere ora, dopo la tragedia in Abruzzo, le parole di Saviano nel libro "Gomorra". Aprite a pagina 236 e leggete:
Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezz'Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi, ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file infinite dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia. Camion in fila, che attraversavano le terre costeggiate da contadini che mai avevano visto questi mammut di ferro e gomma. Erano riusciti a rimanere, a resistere senza emigrare e sotto i loro occhi gli portavano via tutto. Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi, nei palazzi di Varese, Asiago, Genova.
(Saviano - Gomorra)

martedì 2 dicembre 2008

COSIMO E VIOLA

Era lì sul prato, bella come non mai, e la bellezza che induriva appena i suoi lineamenti e l’altero portamento della persona sarebbe bastato un niente a scioglierli, e riaverla tra le braccia…
Poteva dire qualcosa, Cosimo, una qualsiasi cosa per venirle incontro, poteva dirle:
- Dimmi cosa vuoi che faccia, sono pronto… - e sarebbe stata di nuovo la felicità per lui, la felicità insieme senza ombre.
Invece disse:
- Non ci può essere amore se non si è se stessi con tutte le proprie forze.
Viola ebbe un moto di contrarietà che era anche un moto di stanchezza. Eppure ancora avrebbe potuto capirlo, come difatti lo capiva, anzi aveva sulle labbra le parole da dire: “Tu sei come io ti voglio” e salire subito da lui… Si morse un labbro.
Disse:
- Sii te stesso da solo, allora.“Ma allora esser me stesso non ha senso”, ecco quello che voleva dire Cosimo.
Invece disse:
- Se preferisci quei due vermi…
- Non ti permetto di disprezzare i miei amici!
- lei gridò e ancora pensava: “A me importi solo tu, è solo per te che faccio tutto quel che faccio!”
- Solo io posso essere disprezzato.
- Il tuo modo di pensare!
- Sono una cosa sola con esso.
- Allora addio. Parto stasera stessa. Non mi vedrai mai più.
Corse alla villa, fece i bagagli, partì senza neppure dire niente ai luogotenenti. Fu di parola. Non tornò a più Ombrosa. Andò in Francia e gli avvenimenti storici s’accavallarono alla sua volontà, quand’ella già non desiderava che tornare. Scoppiò la rivoluzione, poi la guerra; la Marchesa dapprima interessata al nuovo corso degli eventi (era nell’entourage di Lafayette), emigrò poi nel Belgio e di là in Inghilterra. Nella nebbia di Londra, durante i primi anni delle guerre contro Napoleone, sognava gli alberi d’Ombrosa. Poi si risposò con un lord interessato nella Compagnia delle Indie e si stabilì a Calcutta. Dalla sua terrazza guardava le foreste, gli alberi più strani di quelli del giardino della sua infanzia, e le pareva ogni momento di vedere Cosimo farsi largo tra le foglie. Ma era l’ombra d’una scimmia o d’un giaguaro.
[...]
Cosimo restò per lungo tempo a vagabondare per i boschi, piangendo, lacero, rifiutando il cibo. Piangeva a gran voce come i neonati, e gli uccelli che una volta fuggivano a stormi all’approssimarsi di quell’infallibile cacciatore, ora gli si facevano vicini, sulle cime degli alberi intorno o volandogli sul capo, e i passeri gridavano, trillavano i cardellini, tubava la tortora, cinguettava il fringuello e il luì; e dalle altre tane uscivano gli scoiattoli, i ghiri, i topi campagnoli, e univano i loro squittii al coro, e così si muoveva mio fratello in mezzo a questa nuvola di pianti.
Poi venne il tempo della violenza distruggitrice: ogni albero, cominciava dalla vetta e, via una foglia via l’altra, rapidissimo lo riduceva bruco come d’inverno, anche se non era d’abito spogliante. Poi risaliva in cima e tutti i ramoscelli li spezzava finché non lasciava che le grosse travature, risaliva ancora, e con un temperino cominciava a staccare la corteccia, e si vedevano le piante scorticate scoprire il tronco bianco con abbrividante aria ferita.
E in tutto questo rovello, non c’era più risentimento contro Viola, ma soltanto rimorso per averla perduta, per non aver saputo tenerla legata a sé, per averla ferita con un ingiusto e sciocco orgoglio. Perché, ora lo capiva, lei gli era stata sempre fedele, e se si portava dietro altri due uomini era per significare che stimava solo Cosimo degno d’essere il suo unico amante, e tutte le sue insoddisfazioni e bizze non erano che la smania insaziabile di far crescere il loro innamoramento non ammettendo che toccasse un culmine, e lui lui lui non aveva capito nulla di questo e l’aveva inasprita fino a perderla.
Per alcune settimane si tenne nel bosco, solo come mai era stato; non aveva più neanche Ottimo Massimo, perché se l’era portato via Viola. Quando mio fratello tornò a mostrarsi a Ombrosa, era cambiato. Neanch’io potevo più farmi illusioni: stavolta Cosimo era proprio diventato matto.

da Il barone rampante, Italo Calvino

giovedì 13 novembre 2008

ELIMINATA

ELIMINaTA!
ELIMINaTA!
ELIMINaTA!
ELIMINaTA!
ELIMINaTA!



Il pianto si addice a una dea.
Quando non ha saputo riconoscere il suo doppio, creato dall'inizio dei tempi per lei,
seminato nel cuore nella mente e nell'anima.
Se l'ha lasciato andare senza farsi riconoscere,
la nostagia sarà meno dolce e allagherà i suoi giorni.
Ma più amaro e disperato è il pianto di colui
che di una dea ha ucciso le illusioni.

Dicono che l'amore inganna i sensi.
Altera e distorce le sensazioni.
Ci si odora e si sentono gli odori,
si gusta e ci si gusta,
si tocca e si è toccati,
si vedono i colori
e ci si specchia anche nelle superfici opache.
Non è solo questo.
L'amore passa attraverso le parentesi.
Si apre e si chiude con l'umore delgioco antico del nascondersi e del ritrovarsi.
Sono stata schiava dell'amore.
Volevo il dilatarsi del tempo dentro i sensi e nello stomaco per fare arrivare quella cosa struggente che quasi porta alle lacrime.
Punto esclamativo.
E già l'amore ha un abuso di esclamazioni.
Altro punto esclamativo.
La dea mi ha detto che posso vedere ancora senza inganni e posso sentire il reale odore di un uomo su di me.
amo vado e poi dimentico
punto a capo

il quinto battito del cuore

martedì 7 ottobre 2008

30 ANNI

Perché io mi divertivo ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque!

Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perché è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni!

Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti; se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile.

Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se c’incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi.

Siamo un campo di grano maturo a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. E’ viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più.

Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e avanti.

E meditare sulla nostra fortuna.

lunedì 25 agosto 2008

"Ma bisognava essere liberi,
approfittare di ogni attimo,
sperimentare ogni passo di quella passeggiata
che chiamiamo vita."

l'arte della gioia
einaudi